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“Si può fare…” Laboratorio di formazione per una coscienza civile Scuola Media Foscolo Oberdan

Come è possibile elaborare le regole di una convivenza civile, valide per tutti gli appartenenti ad una comunità nazionale?

L’educazione alla convivenza civile potrebbe trovare una sua “palestra” ottimale nella stessa scuola, intesa come “laboratorio di educazione alla cittadinanza” e – soprattutto – come una “comunità educante”, secondo quanto è stato scritto più volte in passato e di fatto non sufficientemente recepito e valorizzato.

Parlare di convivenza civile vuol dire porsi il problema di come le persone che vivono in un determinato stato possano convivere tra di loro senza ledere gli uni i diritti degli altri. Essa si fonda quindi sulle regole che lo stato si dà, le leggi, le istituzioni, ecc…, ma non può prescindere dalla storia e dalla cultura di quello stato.

Rispettare se stessi e la propria persona, volere bene a se stessi sia paradossalmente il primo modo per realizzare questa convivenza civile, che altrimenti potrebbe rimanere un concetto astratto.

Molto importante è anche la solidarietà da dimostrare nei confronti di chi è meno fortunato di noi. Quindi famiglia, scuola, diventano la palestra quotidiana del nostro vivere associati, e come in ogni palestra gli esercizi non possono essere abbandonati per lungo tempo, pena la mancata realizzazione degli obiettivi preposti.

Il progetto prevede una serie di incontri con una base laboratoriale che ha come nucleo centrale la drammatizzazione di un evento in un contesto didattico.

Il lavoro è estremamente operativo poiché solo le dinamiche “attive” possono essere portatrici di ulteriori dinamiche per una nascita e uno sviluppo di un testo creativo.

Il teatro parte dal corpo e dall’incontro che esso ha con una serie di elementi (voce, movimento, azione tempo ecc.).

Lo sviluppo delle capacità armoniche di un corpo ha bisogno di una avvicendamento nella fase creativa per cui quando si racconta una storia si parte sempre per un viaggio, un viaggio alla scoperta e all’esplorazione delle emozioni. Il mondo del bambino ha bisogno di uno spazio dove l’esperienza deve essere vissuta in maniera totale.

La metodologia

La tipologia del lavoro è di destrutturazione di un modo di pensare il teatro nella scuola per creare o ribadire una metodologia attiva della drammatizzazione resa in un contesto intracurriculare poiché solo attraverso questa trasversalità si ottengono risultati adatti per una reale ricaduta didattica.

E’ il percorso, immaginario ma non troppo, del “recupero emotivo”, riferito alla riscoperta di spazi ideali frettolosamente messi da parte dalle abitudini consumistiche.

Da questo presupposto tematico il laboratorio si sviluppa in dinamiche che allargano il concetto di recupero, riconducendolo ad una spontanea creatività.

La strategia
La base propedeutica del fare è in continuo riferirsi al vedere; se non c’è un vedere adeguato non ci potrò essere possibilità di un fare. Il corpo è il nucleo centrale da dove si dipana una metodologia del fare. Occorre effettuare una lettura del corpo in un a contestualizzazione continua: il corpo come nucleo dell’agire

  •  percettivo
  •  visivo
  •  emozionale  simbolico
  •  pratico

Il visivo poggia sul vissuto dell’adolescente: un vissuto che va esplorato ed analizzato ed osservato per far si che la conoscenza non sia empirica ma razionale: l’adolescente ricorda e si muove secondo un agire che è suo: il suo agire è unico.

Quindi il corpo visivo come fase di approccio con il mondo adolescenziale con organizzazioni di piccoli drammi (storie di gesti), drammi dove il corpo ha bisogno di una socializzazione con sé stesso, ha bisogno di ricreare e ricercare il suo spazio d’azione, uno spazio per esprimere la sua coscienza civile.

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